A quasi venticinque anni dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 231 del 2001, il Ministero della Giustizia ha inteso avviare una riflessione sulla riforma della responsabilità amministrativa degli enti, con la costituzione di un Tavolo tecnico avente il compito di formulare una proposta, che sarà poi sottoposta alla valutazione politica del Ministero e, a seguire, di Governo e Parlamento.
Nel corso di questo lungo periodo il Decreto è stato oggetto di numerosi interventi legislativi, che ne hanno progressivamente esteso l’ambito applicativo, ampliando talvolta in modo disordinato e irrazionale il catalogo dei reati presupposto.
Parallelamente si è negli anni smarrita la logica originaria che aveva ispirato tale normativa, ovvero una logica premiale e di approccio preventivo che mirava a incentivare le imprese ad adottare modalità organizzative più virtuose e a prevenire la criminalità d’impresa.
Le posizioni di Confindustria e Assonime
Nel position paper pubblicato nel marzo 2025, “Prospettive di riforma della responsabilità amministrativa degli enti”, Confindustria sottolinea come nell’ambito 231 il sentimento più diffuso tra le imprese, dirette destinatarie della normativa, sia di “disagio e disorientamento”.
Le ragioni secondo Confindustria sarebbero principalmente due:
- “una disciplina nata con le migliori intenzioni, cioè spingere le imprese verso l’innovazione organizzativa, incentivandole, attraverso strumenti premiali, a collaborare per prevenire la “criminalità del profitto”, si è trasformata nella prassi in strumento di mera repressione.
- Gli ampi (troppo ampi) spazi che essa lascia a interpretazioni disomogenee, oltreché spesso del tutto disancorate dalla realtà di chi fa impresa, hanno dato luogo a fenomeni di “ingiustizia sostanziale”, finendo per disperdere valori produttivi e lasciando spesso gli imprenditori in balìa dell’incertezza”.
Anzitutto, la genericità del dato normativo, unita alla stratificazione di successivi interventi tra loro scoordinati e alla continua integrazione del catalogo dei reati presupposto, nonché un regime probatorio e sanzionatorio non in linea con le garanzie del giusto processo, hanno fatto deviare il sistema in chiave meramente repressiva, relegando in secondo piano gli obiettivi collaborativi e premiali, che ne rappresentavano il reale valore aggiunto.
In secondo luogo, è mancato qualunque coordinamento tra la disciplina di cui al D. Lgs. 231 del 2001 e le (molte) altre che regolano l’attività e la compliance d’impresa”.
Come evidenziato anche da Assonime in un documento diffuso il 10 febbraio 2025, in occasione dell’audizione presso il tavolo tecnico istituito dal Ministero della Giustizia per la revisione della normativa, il sistema premiale previsto dalla disciplina 231 ha mostrato notevoli criticità. In particolare, avendo le lacune della disciplina 231 attribuito all’autorità giudiziaria, nei fatti, una discrezionalità illimitata in ordine alla valutazione dei modelli organizzativi, nella prassi giudiziaria i modelli organizzativi adottati dalle imprese sono spesso stati ritenuti inefficaci, con conseguente esclusione dell’esimente e conferma della responsabilità dell’ente.
Vi è dunque la necessità di procedere a una revisione organica della disciplina, per adattarla all’evoluzione normativa, giurisprudenziale e delle best practice aziendali maturate nel tempo. Nel documento vengono avanzate proposte significative su alcuni nodi centrali della materia.
Le proposte per il futuro della disciplina 231
Tra i temi principali, spicca la richiesta di allineare il regime della prescrizione dell’illecito amministrativo a quello stabilito per le persone fisiche, superando le attuali incertezze applicative nonchè di razionalizzare il catalogo dei reati presupposto per eliminare quelle fattispecie totalmente incoerenti rispetto al contrasto alla criminalità di impresa.
Altro aspetto rilevante riguarda l’eliminazione della condizione dell’elusione fraudolenta del Modello Organizzativo come presupposto imprescindibile per l’esonero da responsabilità, rendendo così più oggettiva la valutazione dell’effettività dei modelli di prevenzione.
Non meno rilevante è la proposta di ripensare il sistema sanzionatorio e cautelare, con l’obiettivo di garantire pene più proporzionate e ragionevoli, tutelando nel contempo il valore della continuità aziendale, riconosciuto sempre più come interesse primario della collettività economica.
Assonime nel suo documento si spinge inoltre a esplorare nuove vie per rafforzare gli strumenti di premialità e le pratiche di giustizia riparativa, auspicando un approccio più integrato alla compliance e alla gestione del rischio, e sottolineando come la riforma della disciplina 231 possa rappresentare anche un’occasione per armonizzare la normativa con altri settori rilevanti per il sistema economico e per il mondo imprenditoriale.
Semplificazioni per le piccole imprese
Un ulteriore tema di grande interesse riguarda le piccole imprese per le quali l’attuale impianto della disciplina 231 risulta spesso inadeguato, a causa della complessità strutturale richiesta ai modelli organizzativi.
Sottolinea Confindustria come “per queste imprese, la predisposizione del MOG risulta, quindi, non solo troppo onerosa, ma soprattutto scarsamente efficace, con l’ulteriore effetto di esporre la società a conseguenze sanzionatorie ineludibili e l’imprenditore/proprietario autore dell’illecito a uno sproporzionato carico afflittivo”.
Da qui la proposta di introdurre strumenti di semplificazione ad hoc, calibrati sulle specifiche caratteristiche organizzative di tali enti, oppure riconsiderare l’applicabilità del Decreto 231 alle imprese di minori dimensioni, con particolare riferimento alle microimprese, nelle quali, secondo Confindustria, “per la modesta complessità organizzativa, non è possibile riscontrare la sussistenza del presupposto fondante la responsabilità 231, ovvero la colpa in organizzazione e che, quindi, non possono essere considerate autonomo centro di imputazione di responsabilità e di sanzioni”.
Il dibattito è dunque aperto, con l’auspicio che la riforma della disciplina 231 possa ricondurla alla sua ratio originaria, come auspicato da Confindustria, “favorendo la diffusione dei MOG e, quindi, valorizzando la cultura della trasparenza e dei controlli interni. In questa ottica, è necessario mettere le imprese nelle reali condizioni di introdurre presidi adeguati alla propria struttura e sostenibili nella loro implementazione”.